di
Matteo Volpe
Siamo
testimoni di una delle più grandi mutazioni globali. Per la prima
volta nella storia, il potere si è separato dalla politica. Questo
mutamento si è affermato in modo chiaro negli ultimi venti o
trent’ anni. Si è stati sempre abituati a considerare il potere
come una diretta conseguenza della politica, o per lo meno, a pensare
che qualsiasi potere, per essere tale, dovesse essere politico. Oggi,
invece, non solo non ha alcun bisogno della politica, ma fa di tutto
per sfuggirvi. Questo mutamento si accompagna ad un altro, ad esso
collegato; la totale mancanza di consapevolezza degli individui di
questo avvenimento, l’ assoluta incomprensione di cosa sia il
potere. La quasi totalità delle persone continua ad avere la stessa
concezione del potere di cinquanta, cento, duecento o mille anni fa.
Si continua, nonostante tutto, a considerare il potere come politico,
addirittura in certi casi come sinonimo di politica. Ciò è
completamente falso. Il potere, nelle attuali condizioni, funziona
secondo meccanismi del tutto diversi. Non c’ è coscienza del potere
presso i contemporanei, neanche tra i più istruiti. Questa
incoscienza è anch’ essa un fenomeno inedito. In tutte le epoche le
persone, dal notabile all’ ultimo mendicante, hanno sempre saputo
cosa fosse il potere. Il Re, il Papa, l’ Imperatore, il Generale.
Era anzi un requisito fondamentale del potere quello di essere
riconosciuto chiaramente da tutti come tale, soprattutto dai suoi
subalterni...
L’ individuo
contemporaneo non sa “chi comanda” ammesso che si possa dire
ancora così, perché il potere, oggi, non funziona secondo la
comunicazione prescrittiva: più che incutere timore, il potere oggi
seduce, più che reprimere, eccita e stimola. Per la prima volta il
potere è il deus absconditus della tradizione teologica. Non fa
nulla per manifestarsi, anzi, si cela il più possibile e frappone
tra sé e i dominati immagini, simulacri, idoli, che non dicono nulla
della sua vera natura.
La
politica si regge su confini, limiti, frontiere, divieti. La
giurisdizione della polis non si estendeva oltre il suo territorio.
Lo Stato ha potere solo entro i propri confini, verso l’ esterno può
esercitare un’influenza indiretta nelle controversie
internazionali. Se vuole imporsi su un altro stato deve annetterlo
con la forza, cioè estendere i propri confini. Ma per quanto possa
essere esteso, la sua giurisdizione si fermerà sempre a una
frontiera fisica, che ne segna la fine.
Il
potere oggi si è depoliticizzato. Ha abbandonato lo Stato come
propria sede e si è dislocato al di fuori dei suoi confini. Il
potere non coincide più con un territorio specifico e non ha un
centro amministrativo. Non muove guerra per estendere i propri limiti
e per inglobare altri poteri, ma per abolire tutti i limiti. Di
conseguenza aggredisce tutti gli strumenti di cui un tempo si è
servito e che oggi sono inadeguati rispetto ai suoi meccanismi. Lo
Stato non soltanto viene abbandonato, ma deve essere combattuto,
perché circoscrive un territorio e vi prescrive una legge. In questa
prassi di circoscrizione e prescrizione si realizza il potere
classico che è del tutto incompatibile col nuovo potere che si
slega, si smaterializza, si deterritorializza e scompare alla vista.
Lo Stato può sopravvivere soltanto negando se stesso, cioè abolendo
la propria legge e i propri confini. E ciò è una contraddizione in
termini, perché nel momento in cui lo facesse smetterebbe di
esistere. Ma nemmeno il nuovo potere può accettare la permanenza
dello Stato, la spartizione del suolo, la prescrizione della legge,
che ne contraddice la natura. Perciò un conflitto tra il nuovo
potere, che si muove (non è più “fermo” in un luogo ma in
continuo movimento) nel mercato e si propaga attraverso le reti di
comunicazione, e il potere classico statuale, che si radica, si situa
e situa tutto ciò che a esso è sottoposto in un territorio e che si
impone attraverso il diritto, risulta inevitabile.
Quello
che sta facendo il nuovo potere, e che gli intellettuali tardano a
comprendere, è smantellare letteralmente lo Stato, smembrarlo, farlo
collassare. Senza nessuna esplosione, nessun evento traumatico, che è
la genesi del potere classico (la rivoluzione, la guerra civile). Il
nuovo potere può anche momentaneamente servirsi di alcuni stati
contro altri, perché viaggia attraverso le reti di comunicazione che
sono ubique. Non è detto che lo Stato venga formalmente smantellato
(anche se in Europa sembra stia accadendo proprio questo) ma
certamente si “alleggerisce”, cede quelle che un tempo erano sue
prerogative inalienabili. In questo caso il conflitto è latente,
perché non c’è attrito.
Quando
invece lo Stato resiste il conflitto si palesa. In effetti lo Stato
può solo resistere, non può passare alla controffensiva, non
essendoci alcuna città da espugnare. Un nemico che è ovunque e in
nessun luogo non può essere aggredito. Le recenti vicende brasiliane
sono molto significative per comprendere come si muove il nuovo
potere. Un governo di uno Stato, legittimato secondo le procedure
statuali classiche, viene attaccato dal nuovo potere, che non
riconosce quella legittimazione. La magistratura ha formulato accuse
contro i principali esponenti del governo e del partito di
maggioranza. Queste accuse, però, non si possono comprendere
all’ interno di una logica puramente statuale, secondo le procedure
giuridiche. Vanno invece lette come risultante di un attrito tra il
nuovo potere e una resistenza statuale. Il lato interessante è che
il nuovo potere usa quella che è una funzione propria dello Stato,
la magistratura, rivolgendola contro lo Stato stesso.
Ciò
che avviene oggi in Brasile non è del tutto inedito. Si è già
visto per la prima volta in Italia. Nel 92 un intero ceto politico
fu azzerato, fatto salvo per quegli elementi “riciclabili”, che
si allearono col nuovo potere. Incapaci di comprendere la portata di
eventi epocali, molti osservatori videro in quegli accadimenti
nient’ altro che una normale prassi giudiziaria, eccezionale solo
per via dell’oggetto delle sue indagini e delle dimensioni di
queste ultime. Vi si è anche vista una sorta di “rivoluzione
civile”, un tentativo da parte della società civile di rigenerare
lo Stato in modo autonomo rispetto ai suoi apparati (nessuno si
accorse di quanto ciò sia contraddittorio). L’ inchiesta di Mani
Pulite, invece, è stato il primo esempio di un’ aggressione su
larga scala del nuovo potere contro la statualità. Non bisogna
pensare a una guerra di posizione tra due eserciti contrapposti,
ciascuno dei quali presidia una porzione di territorio, e cerca di
strapparne alla parte avversa. Il nuovo potere non presidia nessun
luogo, non ha sentinelle, fortezze e fossati. Esso attraversa gli
organi del nemico, li usa e poi li abbandona lasciandoli
apparentemente intatti. Non li distrugge. Dal punto di vista
meramente giuridico-statuale nel 92 non accadde nulla di anomalo.
I meccanismi formali della statualità furono rispettati. Restando
all’ interno della logica giuridico-statuale non ci è possibile
comprendere la portata di quegli avvenimenti. La magistratura
italiana del 92, o, per meglio dire, quella porzione di
magistratura che si occupava dell’ inchiesta, operò all’ interno
delle regole dello Stato, ma contro lo Stato. Le leggi non bastavano
a proteggere la Legge.
Un’ altra
ragione per cui il punto di vista interno, procedurale, non ci
permette di comprendere gli eventi è che Mani Pulite non fu soltanto
un’ indagine giudiziaria. Fu un evento mediatico. La sua potenza non
si deve semplicemente alla prassi giuridica, ma all’ amplificazione
e al riverbero delle reti di comunicazione. Queste ultime hanno
proiettato la procedura giudiziaria al di fuori di se stessa; la
statualità si è, per così dire, disciolta. È venuto meno il
legame della Norma con lo Stato e la funzione si è separata dallo
scopo. Non ci fu eversione, per lo meno non sul piano giuridico, la
norma non venne infranta. Essa, piuttosto, venne attraversata dal
nuovo potere.
In
questo modo la divisione delle cariche tipica della statualità
moderna liberale è risultata adatta ai meccanismi del nuovo potere.
La magistratura non deve obbedienza formale al governo. Anzi, sua
prerogativa è proprio quella di essere autonoma rispetto al governo.
In questo modo il nuovo potere può insinuarsi in comparti statuali
che agiranno contro altri comparti statuali. Il nuovo potere
costituisce delle alleanze labili con determinati attori, pronte a
essere sciolte in qualsiasi momento. Così alcuni settori dello Stato
possono trarre vantaggio dall’ attraversamento del nuovo potere,
mentre lo Stato viene indebolito. Il nuovo potere si propaga come un
virus. Dalla società civile si è trasmesso alla magistratura, poi
di nuovo alla società civile e da questa al governo. Non ci sono
centri del nuovo potere. Chiunque, qualunque mezzo o istituto può
essere attraversato dal potere. Ciò si deve all’ istantaneità e
all’ ubiquità della comunicazione reticolare e del mercato.
Internet e i sistemi informatici hanno potenziato enormemente le reti
di comunicazione e il mercato praticamente azzerando qualsiasi
diacronia (intervallo nella ricezione del messaggio da un soggetto
all’ altro). Il riverbero e l’ amplificazione assumono una potenza
di fatto illimitata. Ogni agente inserito nella rete partecipa al
flusso comunicativo come cassa di risonanza. Gli esiti per il
movimento del nuovo potere e per lo sradicamento del vecchio possono
quindi essere innumerevoli e imprevedibili.
FONTE: www.freeyourmindfym.wordpress.com
LINK: http://lintellettualedissidente.it/italia-2/il-nuovo-potere/
i partito bene, vago ma suggestivo (il" nuovo potere", questo misterioso fenomeno trasversale che comprende tutti i teoremi e tutte le prassi, reali e presunte,dalla massoneria alle scie chimiche, dai marziani al TTIP), per poi cadermi miseramente su mani pulite. Insomma; i liberisti conservatori dicono che è stato un complotto dei comunisti guidati dalla vecchia URSS, i progressisti dall'humus complottardo come lei dicono invece che c'è lo zampino di questo famigerato nuovo potere, quello turbo-liberista o neo-liberista che ha bisogno di distruggere lo Stato per affermarsi senza più impedimento alcuno. Decidetevi! Ma prima fate pace col cervello!
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